Guarire la parte ferita e ritrovare la gioia

Dentro ognuno di noi vive un bambino interiore: una parte fragile, autentica e spontanea che custodisce le memorie della nostra infanzia. È quella voce che ancora oggi, da adulti, ci fa sentire invisibili quando non riceviamo attenzioni, che si riempie di paura davanti a un rifiuto, che si illumina di stupore davanti a un gesto semplice.
Non è un’invenzione poetica, ma un aspetto reale della psiche e dell’anima. Questo bambino interiore porta con sé sia le gioie dell’infanzia che le ferite non guarite. E quando resta ignorato, guida in silenzio i nostri comportamenti adulti: paure improvvise, bisogno eccessivo di approvazione, relazioni difficili che si ripetono.
"Hai una fragilità che ti accompagna e che provoca sofferenza? Ricordi indelebili di un abbandono di un posto, di una persona a cui si da un significato doloroso troppo grande? L'umiliazione che ci ha provocato un genitore? Vecchie delusioni? Ingiustizia della famiglia? Tradimento dei primi insegnamenti di ideali? Rifiuto della realtà? Problemi inconsci nascosti? Gestione traumi del passato? Pensieri di un infanzia ancora in noi che ancora fa male perché non gestita e superata? Istinto e orgoglio senza senso??"
Anche a 50 anni il bambino interiore, piange, fa capricci e non ci fa vivere la nostra vita serena qui e ora, ma possiamo curarlo, controllandolo, comprendendolo, ridimensionandolo, accettandolo, integrandolo, consolandolo, vivendolo con tanto amore...
Dare voce a quella parte dimenticata
Molti di noi hanno imparato da piccoli a reprimere emozioni: “non piangere”, “non fare i capricci”, “sii forte”. Ma il bambino interiore non è mai sparito: è rimasto dentro, in attesa che l’adulto che siamo diventati si accorga di lui.
Basta un semplice esercizio: chiudere gli occhi, respirare e immaginare di incontrare la bambina che eravamo. Guardarla negli occhi, ascoltarla. Chiedere: “Di cosa hai bisogno da me ora?”. Le risposte, spesso, sorprendono: “abbi cura di me”, “gioca con me”, “abbracciami”. In quel momento la guarigione comincia, perché finalmente quella voce riceve ascolto.
Storie di trasformazione
Una donna che cercava sempre approvazione dagli uomini, durante una visualizzazione, ha visto se stessa bambina in un angolo della stanza mentre i genitori litigavano. Quell’immagine spiegava perché, da adulta, si sentiva invisibile. Scrivendo lettere alla sua bambina interiore e promettendole amore e presenza, ha imparato a non accontentarsi più di briciole d’affetto.
Un’altra persona, convinta di non valere abbastanza, ha riscoperto la voce critica del padre dentro di sé. Sostituendo quelle frasi con nuove parole dette da sé stessa adulta – “Io credo in te. Sei preziosa. Io ti proteggo” – ha visto rifiorire la sua autostima.
La forza delle lettere
Scrivere al proprio bambino interiore è un atto semplice ma trasformativo. Permette di avviare un dialogo e colmare un vuoto. Si può scrivere poco o più a lungo l’importante è essere sinceri. Ecco alcuni esempi:
“Cara piccola me, so che per molto tempo ti sei sentita sola, come se nessuno ti vedesse davvero. Ricordo i tuoi occhi pieni di domande e il tuo desiderio di essere amata così come eri. Oggi sono qui per dirti che ti vedo. Ti prendo per mano, ti abbraccio e ti porto con me.
Da ora in poi non dovrai più cavartela da sola, perché io ci sono. Ti proteggerò, ti ascolterò ogni volta che avrai paura, e ti ricorderò sempre che sei preziosa. Non sei sbagliata, non lo sei mai stata. Sei la parte più autentica e luminosa di me. Con amore, la tua me adulta.”
Oppure “Caro ..., so che ti senti solo e che pensi di non essere voluto. Voglio dirti che non sei sbagliato.” Oppure, “Non è colpa tua se ti trattano male: sei buono, sensibile e intelligente.” Oppure “Un giorno crescerai e diventerai forte. Ci sarà chi ti amerà e ti capirà davvero.”oppure “Anche se ora ti senti abbandonata, io sono con te: non sei più sola.” oppure “Sei importante, meriti amore, e avrai la tua felicità.”
Leggere a voce alta la lettera, accendendo una candela o tenendo in mano una foto della propria infanzia, rende l’esperienza ancora più intensa. Poi la lettera si può bruciare, per liberarsi dal dolore, oppure seppellirla sotto una pianta o un fiore, per trasformare il dolore in nuova vita. il fine di questo esercizio è di non permettere più a nessuno di farci del male.
Le radici familiari e la psicogenealogia
Il bambino interiore non porta solo la sua storia, ma anche quella della famiglia. Paure, silenzi e dolori si trasmettono di generazione in generazione. La psicogenealogia ci aiuta a vederlo chiaramente.
Immaginare i nostri genitori da piccoli, anch’essi bambini feriti, cambia lo sguardo. Non significa giustificare, ma riconoscere che hanno trasmesso ciò che a loro volta non hanno ricevuto.
Un esercizio utile è l’albero delle emozioni”: disegnare la genealogia e scrivere accanto ai nomi le emozioni percepite. Spesso si scoprono ripetizioni impressionanti: solitudine, paura, silenzi. Guardarli ci permette di dire: “Onoro il dolore delle mie radici, ma scelgo di fermarlo qui.”
Scrivere lettere ai genitori-bambini è un atto liberatorio: “Ti vedo piccolo, ti capisco. Non potevi darmi ciò che non avevi, e ora scelgo di liberarmi dal tuo peso.”
Tagliare legami malati a volte è utile.
I blocchi da adulti del bambino interiore
Molti dei nostri problemi attuali sono in realtà i blocchi del bambino interiore che agiscono da dietro le quinte. La paura dell’abbandono ci fa temere ogni minima distanza come se fosse una perdita definitiva. Il bisogno di approvazione ci porta a compiacere tutti, dimenticando noi stessi.
L’incapacità di fidarsi nasce da delusioni infantili e ci impedisce di lasciarci andare.
Blocchi sessuali, incapacità di fare carriera, la paura di fidarsi del prossimo, bassa autostima,…
La voce interiore critica continua a svalutarci, come un’eco del passato.
Riconoscere questi blocchi è fondamentale. Non per colpevolizzarci, ma per accorgerci che in quel momento non è l’adulto a reagire, ma la bambina ferita. E proprio lì si apre la possibilità di guarigione.
Chakra, cristalli e rituali
Dal punto di vista energetico, il bambino interiore si manifesta soprattutto nel chakra radice (sicurezza, radici) e nel chakra del cuore (amore e accoglienza).
Lavorare con i cristalli può essere un aiuto: Quarzo rosa per dolcezza e amore verso di sé.
Malachite per sciogliere antiche ferite. Calcite arancione per riportare gioia e gioco.
Un piccolo rituale: sedersi con un cristallo sul cuore, respirare lentamente e cantare una breve ninna nanna a se stessi. È un gesto semplice che calma, consola e fa rinascere la tenerezza.
Una meditazione-coccola
Ti propongo una breve meditazione per incontrare il tuo bambino interiore e liberare i lati nascosti che ancora ti bloccano:
- Siediti in un posto tranquillo, chiudi gli occhi e porta l’attenzione al respiro. Inspira lentamente, espira come se lasciassi andare vecchi pesi.
- Porta la mano sinistra sul cuore e la destra sul ventre. Senti il calore che avvolge queste zone.
- Immagina davanti a te una porta luminosa. Dietro c’è la tua bambina interiore. Aprila e lasciala venire a te.
- Osservala: quanti anni ha? Cosa prova? Avvicinati senza fretta.
- Abbracciala e dille: “Ti vedo. Sei al sicuro con me.”
- Respira con lei e immagina che ad ogni respiro paure e blocchi si sciolgano, lasciando spazio a leggerezza.
- Infine, lascia che entri nel tuo cuore, dove resterà custodita e amata.
Questa meditazione è una coccola che, se ripetuta spesso, trasforma il rapporto con se stessi.
Dal dolore alla rinascita
Guarire il bambino interiore non significa cancellare il passato, ma trasformarlo. Significa diventare oggi l’adulto che quella parte avrebbe voluto accanto: presente, amorevole, protettivo.
Quando questo accade, i blocchi cadono, le relazioni diventano più sane, la creatività rifiorisce, e la vita torna a scorrere con autenticità e leggerezza.
Il bambino interiore è il custode della nostra spontaneità e della capacità di gioire. Nutriamolo con creatività e talenti, tagliando il pesante passato accettandolo e superandolo. Abbracciarlo è un atto d’amore, un ritorno a casa.
Per ulteriori informazioni scrivetemi.
Elisabetta

Aggiungi commento
Commenti